Solano Cardenas
‘Le cose leggere e vaganti’
[…] anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti. […]
Umberto Saba, Ritratto della mia bambina.
Le cose leggere e vaganti, evocate da Umberto Saba nella sua delicata poesia, possono in qualche modo assomigliare alle costruzioni fantastiche di Solano Cardenas. In esse, la leggerezza prende forma nell’astrazione di una materia discontinua che vola verso le irraggiungibili altezze del pensiero.
Il bambino, predestinato a diventare un artista, gioca con gli aquiloni, e nell’ossessione di crescere intende mantenere la levità di un plein air: la leggerezza è il talismano che lo aiuta a sopportare le ansie della crescita e gli permette di lasciar trascorrere il tempo senza confondersi con la realtà; irresponsabile e irraggiungibile come un elfo.
Quando sono entrato in casa di Solano a Parigi ho vissuto un’esperienza singolare: le sue opere mi sono venute incontro prima ancora che l’artista stesso abbia avuto il tempo di presentarmele. I suoi grandi aquiloni, totem surreali che svelano fuggitive speranze, possiedono la natura dell’aria e la purezza indisciplinata di Ariel.
L’intensità diffusa di tutte queste superfici volanti produce vibrazioni ininterrotte, ma cosa spinge la nostra curiosità a formulare la fatidica domanda: ma volano davvero? Perché abbiamo sempre bisogno di ricondurre tutto al peso di una verifica; alla dimensione minima e insignificante del nostro quotidiano. Perché non riusciamo ad ammettere che la realtà possa essere riflessa nello specchio di un’opera d’arte. Basta osservarla con gli occhi apparentemente distratti di un bambino e subito prende il volo, si alza verso i confini inesplicabili dell’infinito.
Solano è un’artista, e il suo tocco è lieve; la percezione del suo lavoro è piena di stimoli autentici che rimandano all’universo immaginario di un mondo parallelo, gremito di apparizioni e assolutamente straordinario.
I frammenti di questo suo modus operandi si concentrano e si disperdono nell’illusione istantanea di un attimo; l’istante fugace di un pensiero transitorio prende forma dentro alle sue sculture dove il vuoto e il pieno si compensano. La materia, nei percorsi inestricabili del linguaggio astratto, si perde e si ritrova dentro alla passione di questo febbrile operare, come plasmata dall’ironia insolente di un esperto illusionista.
In ogni sua scultura c’è la narrazione di una storia: c’è l’antefatto di una genesi e l’eco percepito di una fine, alfa e omega di ogni possibile esistenza; c’è la dichiarazione di un abbraccio, o meglio ancora di una fusione, che libera l’abbraccio nel vincolo dei sensi, siano essi riscontrabili dentro a due boomerang che si incontrano o nell’unione di due forme-figure, facilmente riconoscibili.
Se l’artista è quell’essere umano sensibile che siamo abituati a riconoscere, e se con la sua opera egli riesce a sottrarre all’esistenza ogni possibilità di tragedia, cosa possiamo pretendere ancora dall’arte? Le improvvise tensioni che scaturiscono dalla forma e che la trasformano in materia sono in realtà la possibile dichiarazione di un artificio: il ragazzo che cerca di fermare il tempo finirà per estenuare il cuore, meglio affidarsi al volo leggero di un aquilone, meglio cercare di vivere dentro a un presente rallentato, piuttosto che inseguire le incognite di un futuro esasperato.
Le creazioni di Solano, quando prendono forma diventano pura vita che si svolge e si muove in tutte le direzioni: la materia diventa incorporea, tende ad elevarsi e cerca, nella blandizie di un volo istantaneo, l’ascensione verso le irraggiungibili altezze della coscienza.
La consapevolezza del pensiero, strumento indispensabile per la riscoperta dei valori primari dell’umanità, è il solo possibile mezzo per la redenzione; ma da quali nemici bisogna difendere questo nostro fragile equilibrio? Dall’insensata strategia del ‘predatore’, che ci affascina con l’apparenza per poi distruggere la sostanza; oppure dall’infrangersi di quel sogno collettivo che ha sbriciolato un intero universo di parole nell’illusione estatica di una visione?
Troppe domande alle quali non troviamo risposta, è preferibile affidarsi al caso, meglio percorrere strade inconsuete, fino a trovare scorciatoie meno frequentate, fuori dai percorsi obbligati, per poi perdersi nei vicoli decentrati dell’arte: piccole nicchie al riparo dal frastuono, dove sarà possibile ritrovare la nostra perduta identità.
Solano è un’artista autentico e non ha mai eluso le rischiose avventure del suo mestiere, il suo temperamento è costantemente alla ricerca di un equilibrio instabile, la purezza della sua opera lo stimola continuamente a cercare, a sviluppare la sua mano e il suo occhio fino al punto in cui il più lieve respiro delle sue creazioni diventi il segno espressivo del suo essere artista: antico e contemporaneo nello stesso tempo.
Nella sua opera, il contrasto abbagliante del bianco e nero evoca un mondo pieno di apparizioni: echi, ombre, figure, doppi, che interrompono il senso del reale e insinuano il dubbio che anche il lato più luminoso delle cose possiede un suo contraltare oscuro. L’ombra, che quando gira si riappropria della sua stessa luce, si completa dentro alle sue forme surreali e riappare come l’istantanea folgorante di una nuova epifania.
Quei segnali leggeri che si muovono con il vento: le piccole banderuole astratte che attraversano il cielo del nostro vissuto, altro non sono che il confine inespresso tra l’ordine e il disordine che ci indica la strada maestra verso il significato misterioso dell’esistenza.
Osservate il volto di Solano quando le sue creature obbedienti prendono il volo, è un volto che svela l’equilibrio sovrano del cuore: i cromatismi delle sue carte leggere si confondono con l’azzurro del cielo e diventano paesaggio dentro al paesaggio. In quel preciso istante, tutti i tesori dell’esistenza si ritrovano confusi nell’immediata sensazione liberatoria di quel volo.
Il ragazzo che non intende diventare uomo rivela il suo animo bambino, e sorride con la trepidazione di un’inquietudine che rimanda ai luoghi remoti di una ritrovata felicità.
Stefano Cecchetto